Categorie del blog
-
News (31)
Resta sempre aggiornato con informazioni sul mondo birrario, concorsi, eventi, ... -
Categorie e caratteristiche delle birre (14)
Scopri curiosità e caratteristiche delle birre che ti proponiamo -
Prodotti (9)
Descrizioni e note degustative di alcuni prodotti di eccellenza -
Materie prime (3)
Scopri le caratteristiche e curiosità legate alle materie prime impiegate nella produzione di birra
Ultime birre recensite
Regalato al mio compagno che di birre se ne intende. ho aspettato che...
Da Elena B. il 17 Dic. 2023
Da B.I. e Lariano non potevi aspettarti che un capolavoro, e infatti eccolo
Da Luisa M. il 07 Giu. 2022
Sarà anche una birra "storica" e forse un pò inflazionata ma a me questa...
Da Angela F. il 15 Feb. 2022
Di Mukkeller mi piace tutto, ma la Hattori Hanzo è una spanna sopra tutte le...
Da Sara S. il 12 Mag. 2021
Una bevuta con la B maiuscola. Schiuma quasi cremosa, sentori di banana a...
Da MATTEO Z. il 05 Marzo 2021
Sempre stata un pò scettica rispetto ai prodotti fuori dal core business di...
Da Tania S. il 08 Gen. 2021
Ne avevo sentito parlare molto bene ed effettivamente ha mantenuto tutte le...
Da Luisa M. il 02 Gen. 2021
Questo non è un classico Birrificio ma un blender che acquista il mosto, lo...
Da luca P. il 21 Nov. 2020
Buonissima anche questa birra. Mai trovata una Ritual Lab che non fosse una...
Da Antonio L. il 18 Nov. 2020
Io non seguo assiduamente il calcio, ma Bruno Pizzul è e rimarrà sempre la...
Da luca P. il 09 Ott. 2020
Una birra che si ispira al movimento Futurista non può che incuriosirmi....
Da luca P. il 01 Ott. 2020
Questo birrificio lo conoscevo per le sue mitiche Lambic, voglio vedere se...
Da luca P. il 25 Sett. 2020
Crisi della Birra Artigianale in Italia: Cause, Consumi e Prospettive
Pubblicato il: 17/03/2025 23:27:29 - Categorie: News
Il settore italiano della birra artigianale – un tempo in forte espansione – sta attraversando una fase di crisi senza precedenti. Dopo un decennio di crescita costante nei consumi (circa 8,5 litri in più pro capite rispetto a dieci anni fa), il 2023 è stato definito un “annus horribilis” per la birra in Italia. La produzione e i consumi di birra sono calati di oltre il 5% nell’ultimo anno, colpendo duramente soprattutto i piccoli birrifici artigianali. In questo articolo analizziamo le cause principali della crisi, il cambiamento nelle abitudini di consumo degli italiani, gli impatti economici e sociali sulla filiera artigianale, e infine le possibili strategie di adattamento e soluzioni per il rilancio del comparto.
Cause principali della crisi della birra artigianale
• Aumento dei costi di produzione: I birrifici artigianali hanno dovuto affrontare un forte rincaro di materie prime ed energia. Negli ultimi due anni i prezzi di molti fattori chiave sono schizzati alle stelle: malto d’orzo +44%, mais +39%, lattine in alluminio +20%, mentre il vetro è aumentato del 40% nel 2022 e di un ulteriore 20% nel 2023. A questo si aggiunge il costo dell’energia, con bollette lievitate fino al +180% per alcuni birrifici rispetto al 2020. Anche i materiali di confezionamento hanno subito incrementi pesanti (ad es. +30% il costo delle bottiglie, +22% i tappi). Questi rincari comprimono drasticamente i margini dei piccoli produttori, mettendone a rischio la sostenibilità.
• Calo dei consumi e inflazione: Dopo aver toccato un massimo storico nel 2022 (22,5 milioni di ettolitri consumati, pari a ~38 litri pro capite) il consumo di birra in Italia è sceso a 21,2 milioni di ettolitri nel 2023. Si tratta di un calo di circa il 5,8% – oltre 2 litri di birra in meno a persona in un anno. La causa principale è la diminuzione del potere d’acquisto dovuta all’inflazione: l’aumento generale dei prezzi ha eroso il budget dei consumatori e contestualmente costretto i birrai ad alzare i listini. Nella Grande Distribuzione Organizzata le vendite a volume sono diminuite (circa -3% nel 2023), mentre i prezzi medi sono saliti di quasi l’8%. In breve, gli italiani hanno prodotto e bevuto meno birra perché costa di più, nonostante la birra mantenga un posto importante nelle loro preferenze.
• Concorrenza delle grandi industrie e importazioni: I grandi birrifici industriali, forti di economie di scala e maggior solidità finanziaria, stanno assorbendo gran parte della domanda residua. Marchi multinazionali possono permettersi di contenere gli aumenti di prezzo e investire in marketing, rendendo difficile la vita alle piccole realtà. Inoltre le importazioni da Paesi a basso carico fiscale stanno guadagnando terreno: la Germania (dove la tassazione sulla birra è circa quattro volte inferiore a quella italiana) copre il 41,7% delle birre importate in Italia, seguita da Belgio (20,7%) e Paesi Bassi. L’alto peso delle accise italiane sul prezzo favorisce infatti le birre d’oltralpe più economiche. In alcuni casi, i big player acquisiscono birrifici craft o lanciano linee “artigianali” proprie, occupando spazio sugli scaffali con prodotti pseudo-craft e sottraendo quote di mercato ai veri microbirrifici.
• Impatto normativo e fiscale: La birra è l’unica bevanda da pasto in Italia gravata da un’accisa di produzione (per il vino è zero). Ciò rappresenta un onere aggiuntivo soprattutto per i piccoli birrifici. Negli ultimi anni il governo ha introdotto un’agevolazione per i microbirrifici (riduzione del 50% dell’aliquota accisa fino a 10.000 hl annui), ma tale misura è temporanea e legata alle leggi di bilancio annuali. Dal 1º gennaio 2024 si rischiava di tornare al regime precedente, scongiurato solo da proroghe dell’ultimo minuto. Questa incertezza normativa rende difficile pianificare a lungo termine. Inoltre, il settore ha beneficiato poco dei sostegni pandemici rispetto ad altri comparti agroalimentari, e ha dovuto affrontare da solo le restrizioni COVID (con chiusura prolungata di pub, bar e fiere) e ora i nuovi aumenti fiscali (come l’ulteriore rialzo delle accise sugli alcolici in alcuni Paesi esteri).
• Saturazione e frammentazione del mercato: Un fattore strutturale della crisi è il sovradimensionamento del comparto artigianale rispetto al suo mercato di riferimento. Negli ultimi dieci anni c’è stata una crescita esplosiva del numero di birrifici: si contano oltre 1.300 produttori artigianali registrati nel 2022 (+104% rispetto al 2015). Tuttavia, la domanda interna e le esportazioni non sono cresciute in modo proporzionale, rendendo il settore affollato e competitivo al limite della sostenibilità. Oggi la birra artigianale rappresenta solo circa il 2,6% del volume di birra consumato in Italia, spartito tra centinaia di micro-imprese. Questa realtà frammentata ha creato gravi fragilità: basta un calo dei consumi o un aumento dei costi (come quelli attuali) perché decine di piccoli produttori si trovino in difficoltà. In effetti, tra fine 2023 e inizio 2024 si è assistito a una “selezione naturale” nel settore, con numerose chiusure, cessioni e ridimensionamenti di birrifici storici, incapaci di sostenere i costi in un mercato saturo. La situazione economica attuale sta dando il colpo di grazia a quelle attività nate durante il boom e prive di solide basi finanziarie.
Cambiamenti nelle abitudini di consumo degli italiani
Le abitudini di consumo di birra in Italia sono in evoluzione, influenzate sia da tendenze di lungo periodo sia da fattori contingenti recenti. In generale, gli italiani rimangono bevitori moderati rispetto ad altri Paesi europei, ma la birra ha guadagnato popolarità e dignità culturale come bevanda da pasto. Vediamo alcuni cambiamenti chiave supportati dai dati:
• Crescita fino al 2022, poi flessione recente: Negli anni precedenti la crisi, il consumo pro capite di birra aveva raggiunto livelli record. Il 2022 ha segnato il picco storico con circa 38,2 litri annui per persona, frutto di una ripresa post-pandemia molto robusta. Questo dato rappresentava un balzo impressionante (+20% circa rispetto a dieci anni prima). Tuttavia, nel 2023 il consumo pro-capite è sceso a 36,1 litri, rimanendo comunque il secondo più alto di sempre in Italia. In altri termini, la passione per la birra non è scomparsa, ma gli italiani hanno leggermente ridotto le quantità acquistate a causa delle difficoltà economiche. Molti consumatori hanno privilegiato la qualità sulla quantità, mantenendo l’apprezzamento per la “bionda” ma con acquisti più oculati.
• Preferenze più raffinate e orientate alla qualità: Negli ultimi anni è cambiato l’approccio del consumatore medio verso la birra. Si beve meno “per sballo” e più per piacere degustativo, con maggiore curiosità verso stili e sapori particolari. Il pubblico italiano è diventato più esigente e consapevole, attratto da birre di qualità e specialità locali. Ad esempio, hanno trovato spazio di mercato birre artigianali aromatizzate con ingredienti tipici (canapa, castagne affumicate, frutta, zucca, agrumi di Sicilia, miele, ecc.), nonché birre senza glutine per celiaci. Questa varietà di offerte, spesso legata a produzioni agricole a km zero, ha educato il gusto dei consumatori e ampliato le occasioni di consumo. La cultura birraria in Italia è cresciuta: oggi la birra comincia ad essere considerata a tutti gli effetti parte del patrimonio enogastronomico, complice anche la comunicazione e sensibilizzazione svolta negli ultimi anni dal settore.
• Consumo in casa vs fuori casa: La pandemia aveva temporaneamente spostato i consumi dal pub al salotto, ma nel 2022-2023 si è assistito a un ritorno graduale alla normalità. I consumi fuori casa (bar, ristoranti, pub) sono tornati a crescere dall’inizio del 2022 e hanno mantenuto un trend positivo stabile. Oggi circa la metà della birra in Italia viene consumata durante la bella stagione estiva, spesso in contesti sociali all’aperto. Questo indica che l’abitudine di gustare una birra in compagnia, al bar o alle sagre, è di nuovo radicata. Parallelamente, il canale della GDO e dei negozi specializzati (consumo in casa) ha rallentato dopo il boom del lockdown: nel 2023 le vendite nei supermercati hanno segnato un -1% a volume (in attenuazione rispetto al -3% dell’anno prima), segno che parte del consumo è migrato di nuovo nei locali. In sintesi, gli italiani stanno riprendendo a bere la birra soprattutto fuori casa, quando possibile, pur restando attenti al portafoglio.
• Tendenze salutistiche e nuove categorie: Un cambiamento importante nelle preferenze riguarda le birre a basso o nullo tenore alcolico. Sebbene ancora di nicchia, le birre analcoliche e “low alcohol” stanno guadagnando terreno: nel 2023 hanno raggiunto circa il 2% del volume totale consumato, con una crescita annua a volume intorno al +7%. Questa tendenza, in linea con una maggiore attenzione alla salute e alla guida sicura, indica che una fascia di consumatori sta cercando alternative alla birra tradizionale senza rinunciare al gusto. Anche i birrifici artigianali hanno iniziato a esplorare questo segmento, lanciando versioni analcoliche o session IPA molto leggere. Allo stesso tempo, permane un approccio moderato nel bere: la stragrande maggioranza consuma birra con moderazione, integrandola nei pasti o nelle serate conviviali senza eccedere.
Impatti economici e sociali sui birrifici artigianali
La crisi in atto ha ripercussioni significative sia sul tessuto economico dei birrifici artigianali che sul piano sociale e culturale. Ecco i principali impatti registrati finora:
Chiusura di birrifici e perdita di posti di lavoro: Purtroppo molti piccoli produttori non sono riusciti a sopravvivere alla combinazione di costi in aumento e ricavi in calo. Tra il 2023 e l’inizio del 2024 numerosi microbirrifici hanno chiuso i battenti o sono stati ceduti a nuovi proprietari. Anche alcune firme storiche della scena artigianale italiana hanno dovuto arrendersi, oppure trasformarsi in “beer firm” (rinunciando alla produzione in proprio per continuare solo come marchio commerciale). Questo fenomeno, visibile ad esempio nel calo degli espositori indipendenti all’ultima fiera Beer&Food Attraction 2025, rappresenta un duro colpo per l’occupazione: decine di addetti specializzati rischiano il posto. Il settore brassicolo artigianale fino a poco tempo fa offriva lavoro a oltre 140.000 persone lungo la filiera (incluso l’indotto) e generava un fatturato di circa 8 miliardi di euro. Una contrazione di questo comparto significa quindi perdere opportunità economiche localizzate e competenze artigianali preziose sviluppate in anni di attività.
Effetti sulla filiera agricola e distributiva: I birrifici artigianali hanno creato negli anni un ecosistema connesso che va oltre la produzione di birra in senso stretto. Ad esempio, circa un terzo della birra artigianale italiana proviene da birrifici agricoli, ovvero aziende agricole che coltivano orzo, frumento o luppolo e li trasformano direttamente in birra. La crisi dei microbirrifici colpisce quindi anche questi agricoltori-imprenditori, che vedono ridursi uno sbocco importante per le loro materie prime. Allo stesso modo, i fornitori di impianti, materie prime speciali (luppoli esotici, lieviti selezionati) e packaging per la birra artigianale risentono del rallentamento degli ordini. I distributori e i rivenditori specializzati in birre craft registrano un calo di fatturato, dovendo fare i conti con minori volumi e con clienti (pub e negozi) più cauti negli acquisti. In sostanza, la sofferenza dei microbirrifici si propaga a cascata lungo tutta la filiera brassicola dal campo al bicchiere.
Impoverimento dell’offerta e impatto socio-culturale: Oltre ai numeri, c’è un impatto meno tangibile ma importante: la perdita di ricchezza culturale e di coesione sociale nelle comunità locali. I birrifici artigianali non sono solo piccoli opifici produttivi, ma spesso dei presìdi sociali sul territorio. Molti di essi hanno spazi di degustazione (tap room) o brewpub annessi dove si incontrano appassionati, si organizzano eventi e si diffonde la cultura birraria. La chiusura di queste realtà significa meno ritrovi per i cittadini, meno turismo birrario e minore valorizzazione dei prodotti tipici locali legati alla birra. Per fare un esempio, oltre il 46% dei birrifici artigianali italiani dispone di una tap room aperta al pubblico, e circa un quarto include un vero e proprio pub o ristorante. La loro difficoltà economica porta alla riduzione di questi servizi: meno visite in birrificio, meno festival birrari locali e meno innovazione nelle ricette. In prospettiva, se la crisi perdurasse, il mondo della birra artigianale rischierebbe di perdere una generazione di giovani mastri birrai che avevano portato creatività e nuova linfa al settore. Ciò rappresenterebbe un impoverimento culturale, considerando che la “craft beer revolution” italiana aveva contribuito a cambiare in meglio le abitudini di consumo, introducendo qualità, identità territoriale e sostenibilità nel bicchiere di birra.
Strategie di adattamento e soluzioni per il settore
Nonostante il quadro attuale sia critico, esistono strategie e soluzioni che i birrifici artigianali e l’intero settore possono adottare (con il supporto delle istituzioni) per invertire la rotta. Ecco alcune possibili azioni di adattamento e interventi chiave:
• Sostegno fiscale e normativo: Una delle misure più urgenti invocate dal settore è la riduzione strutturale delle accise sulla birra. Rendere permanente e più incisiva l’agevolazione per i piccoli birrifici (ad esempio stabilizzando il taglio del 50% sull’accisa fino a 10.000 hl/anno) darebbe respiro immediato ai produttori indipendenti. Allineare la tassazione italiana a quella di altri Paesi europei più virtuosi (Germania, Belgio, ecc.) migliorerebbe inoltre la competitività delle nostre birre sia sul mercato interno che all’estero. Oltre alle accise, sarebbe utile semplificare alcuni oneri burocratici che gravano sui microbirrifici e incentivare investimenti tramite crediti d’imposta. In tal senso, il governo ha annunciato strumenti come il piano Transizione 5.0 che unisce transizione digitale ed energetica con fondi dedicati alle imprese manifatturiere: è fondamentale assicurarsi che anche i birrifici artigianali possano accedervi per innovare impianti, risparmiare energia e ridurre i costi operativi.
• Efficienza, innovazione e diversificazione del prodotto: Di fronte all’aumento dei costi, molti birrifici stanno reagendo migliorando l’efficienza produttiva e diversificando la propria offerta. Investire in tecnologie di risparmio energetico (es. impianti di cogenerazione, pannelli solari) e in processi più efficaci può abbattere le spese vive nel medio periodo. Alcuni produttori hanno iniziato a collaborare per fare acquisti collettivi di materie prime in modo da spuntare prezzi migliori sul malto e sul luppolo. Sul fronte del prodotto, l’innovazione brassicola resta un punto di forza: creare nuove ricette accattivanti, puntare su stili emergenti (es. Italian Grape Ale, birre acide, low-alcohol IPA) o ingredienti locali unici può differenziare la birra artigianale e attirare segmenti di consumatori disposti a pagare un premium per l’artigianalità. Ad esempio, c’è chi sta lanciando linee di birre analcoliche artigianali o birre funzionali (arricchite con ingredienti salutari) per intercettare i trend salutistici. La capacità di intercettare i gusti dei consumatori e adattarsi a essi è stata citata da Unionbirrai come uno dei motivi del successo passato del craft italiano, e oggi è più che mai essenziale: il mercato premia le aziende solide e flessibili, non solo quelle con un buon prodotto.
• Nuovi modelli di business e cooperazione: Per sopravvivere in un mercato ridimensionato, i birrifici artigianali potrebbero esplorare modelli di business alternativi. Una strada è quella del brewpub o della vendita diretta: affiancare alla produzione la mescita sul posto (tap room con cucina) permette margini più alti e un contatto diretto con il cliente. Molti hanno già seguito questa via, ma c’è spazio per crescere ulteriormente nel legame con il territorio, ad esempio aprendo punti vendita in azienda o partecipando ai mercati contadini (come i farmers’ market di Campagna Amica). Un’altra strategia è la cooperazione tra microbirrifici: reti d’impresa, consorzi o accordi di filiera possono aiutare a condividere costi di logistica e distribuzione, scambiarsi competenze e fare massa critica per entrare in nuovi canali. Ad esempio, consorzi come quello della Birra Italiana sono nati con l’obiettivo di unire le forze e promuovere il prodotto artigianale made in Italy anche all’estero. In alcuni casi estremi, un temporaneo ritorno al modello beer firm (produrre presso impianti terzi più grandi) può salvare marchi artigianali dall’estinzione, in attesa di tempi migliori. Al contrario, chi ha le risorse sta attuando operazioni di consolidamento: c’è chi investe in ampliamenti di capacità o acquisisce altri microbirrifici in difficoltà, per aumentare i volumi e sopravvivere alla selezione in atto. Questi movimenti, se gestiti con attenzione alla qualità, potrebbero portare a un settore artigianale un po’ meno frammentato ma più resiliente.
• Sviluppo di mercati alternativi e turismo birrario: Infine, guardare oltre i confini nazionali è una soluzione sempre più considerata. L’export della birra italiana era cresciuto molto prima della frenata del 2023, e può tornare a essere un volano importante. Le birre artigianali italiane – con la loro creatività e legame territoriale – hanno un potenziale appeal sui mercati esteri, specie dove il Made in Italy enogastronomico è sinonimo di qualità. Strategie di internazionalizzazione, fiere all’estero e partnership distributive fuori dall’Italia possono aiutare ad assorbire l’eccesso di offerta interna. In parallelo, si può puntare sul turismo birrario domestico: organizzare tour dei birrifici, beer festival locali e percorsi di degustazione nelle città sta diventando un modo per attrarre pubblico (anche straniero) e aumentare le vendite dirette. Alcune regioni hanno iniziato a promuovere itinerari della birra (sull’onda delle Strade del Vino), e fiere come il Salone della Birra Artigianale stanno richiamando appassionati da tutta Italia. Investire nell’esperienza legata alla birra – e non solo nel prodotto – crea valore aggiunto e fidelizza i consumatori sul lungo periodo.
Conclusioni
La crisi della birra artigianale in Italia è il risultato di un mix di fattori economici, di mercato e socio-culturali: dall’aumento dei costi di produzione e calo dei consumi, alla concorrenza impari con i colossi industriali, fino alle fragilità interne di un settore cresciuto forse troppo in fretta. I dati recenti delineano una situazione preoccupante, ma non priva di speranza. Il comparto ha dimostrato in passato una grande capacità di resilienza e adattamento – basti pensare a come aveva superato lo shock del Covid tornando ai livelli pre-pandemici in poco più di un anno. Oggi quella flessibilità è di nuovo messa alla prova. Per salvaguardare la ricchezza costruita dalla rivoluzione craft italiana occorre uno sforzo congiunto: politiche mirate di supporto, ma anche iniziativa imprenditoriale da parte dei birrifici stessi nel reinventarsi. In gioco non c’è solo il destino di centinaia di piccole imprese, ma anche la diversità e la vitalità della cultura birraria italiana. Con le giuste mosse – dal fisco più equo all’innovazione continua – la birra artigianale può tornare a crescere e a brindare a un futuro più roseo, senza perdere quella passione e autenticità che l’hanno resa amata dai consumatori italiani.
Nulla da dire, buonissima blanche aromatizzata dal sapore che può anche...